Nuovi sviluppi per la questione PFAS. Il governo ha decretato lo stato d’emergenza. Ad annunciarlo il governatore del Veneto Luca Zaia in questo giorni. La richiesta era stata fatta a settembre dello scorso anno. Ora è finalmente arrivata la risposta da Roma.
Un inquinamento scoperto di recente ma che dura da 40 anni. Non poteva che essere così, un inquinamento di tale entità non andava sottovalutato. I PFAS presenti nelle acque derivano dagli scarti di produzione della lavorazione di pentole antiaderenti. L’inquinamento iniziato circa 40 anni fa è stato portato alla luce soltanto nel 2013. Nei giornali è appena un anno che se ne parla quando la situazione ha cominciato a essere più preoccupante dopo le analisi del sangue effettuate su un campione di ragazzi delle zone colpite. I livelli erano di gran lunga superiore rispetto ai coetanei di altre zone.
I PFAS lavorano si accumulano nell’organismo. Purtroppo queste sostanze una volta entrate nell’organismo non vengono più eliminate. Funzionano quindi per accumulo. Non si è ancora certi sulle eventuali conseguenze fisiche. Il ministero della sanità non si è ancora espresso in merito. La certezza è che bene non fanno.
La soluzione: informarsi e dotarsi di un sistema. L’unica cosa da fare è prima di tutto informarsi se nella zona di residenza ci siano e eventualmente dotarsi di un sistema che li elimini, ad esempio il kit Pfas Profine®. Per sapere se il comune in cui viviamo è coinvolto basta guardare nel sito dell’acquedotto che ci rifornisce. Molto interessante il lavoro fatto da ETRA che evidenza per ogni comune la quantità di PFAS presenti. Che potete consultare a questo link: https://www.etraspa.it/area-stampa/comunicati-stampa/approfondimento-pfas. Oppure chi abita nella zona tra Vicenza e Verona può consultare il sito: http://www.analisipfas.it/. In questo oltre alle analisi c’è anche la periodicità del cambio filtri fatta dall’acquedotto. Per avere una soluzione efficace che combatta i PFAS potete invece rivolgervi all’azienda Profine®